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Silvana Greco propone, per la prima volta, un'analisi approfondita della "Philosophie sociale", pubblicata a Parigi alla fine del giugno 1793 da Moses Dobruska (1753- 1794), uomo d'affari, letterato e filosofo sociale. Nato in Moravia da una famiglia ebraica, affiliata alla setta ereticale dei sabbatiani, Dobruska si convertì in giovane età al cattolicesimo, compì una notevole ascesa sociale alla corte asburgica di Vienna ed emigrò poi in Francia, per aderire alla Rivoluzione. Durante il soggiorno parigino prese il nome di Junius Frey, fu assai attivo tra le fila dei giacobini ma riuscì a sopravvivere solo di poco alla propria Philosophie. Accusato di cospirare per conto di potenze straniere, fu ghigliottinato il 5 aprile 1794, al culmine del Terrore, nello stesso giorno in cui anche Georges Jacques Danton saliva sulla forca. Quando apparve, la "Philosophie sociale" suscitò un notevole interesse, tanto da venir apprezzata nientemeno che da Immanuel Kant. Greco mostra come il lavoro di Dobruska abbia avuto anche altri lettori celebri, che per vari motivi omisero di menzionare, tra le loro fonti, un outsider di dubbia reputazione, su cui pesava una condanna tanto ingiusta quanto infamante. Dalla "Philosophie sociale" derivano alcuni concetti chiave delle discipline sociali, come le conosciamo oggi. Iniziatore entusiasta e sfortunato, talvolta brillante teorico, Moses Dobruska merita un ruolo a sé nella storia del pensiero sociologico.